Vengo anch'io. No tu no!

Le legge non è uguale per tutti

Senatori della Repubblica hanno concesso a privati cittadini privilegi negati ad altri. Hanno gestito il loro potere legislativo in modo clientelare per approvare una legge discriminatoria.

La nostra Costituzione, all’articolo 1 secondo comma, sancisce che “La sovranità appartiene al popolo”. All’articolo 3 primo comma stabilisce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Poi, con l’articolo 67 afferma che “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione”. Per nazione si intende “gruppo di individui cosciente di una propria peculiarità e autonomia culturale e storica, specialmente in quanto premessa di unità e sovranità politica”.

Il popolo italiano è una nazione. Perciò, alla luce degli articoli della Carta Costituzionale citati sopra, i membri del Camera dei Deputati e del Senato hanno il dovere di rappresentare TUTTO il popolo italiano, al quale appartiene la sovranità.

Concetti e nozioni che dovrebbero essere ben conosciuti ai senatori, membri della cosiddetta “Camera Alta”.  Il dettato costituzionale è vincolante, non solo per ogni cittadino della nazione, ma soprattutto per chi, come i senatori, sono tenuti a legiferare in sintonia con esso, pena l’incostituzionalità del loro operato.

Non potrebbe essere altrimenti, visto che le leggi approvate dal parlamento e promulgate dal Capo dello Stato influenzano TUTTI i cittadini della nazione.

Una legge elaborata e votata senza tener conto dell’interesse e dei diritti di tutto il popolo rappresentato (e sovrano) rischia di essere una legge iniqua e discriminante, ingiusta, che lede i diritti di una parte più o meno vasta del popolo cui verrà imposta.

A quanto pare un buon numero di senatori della Commissione Giustizia del Senato non conosce o, peggio, ignora questi principi fondanti dell’istituzione a cui appartengono.

Infatti, oltre ad intrattenere stretti e ambigui rapporti con un gruppo di associazioni anti-sette portatrici di interessi particolari (si veda l’articolo C’è poco da stare Allegrini”), hanno usato nei loro confronti un trattamento di favore.

Abbiamo già segnalato nell’articolo Testimoni fondamentali che, nell’ambito dell’indagine conoscitiva preparatoria alla votazione  del Disegno di Legge (DdL) n. 569 sulla “manipolazione mentale”, alcuni senatori hanno privilegiato personaggi e associazioni apertamente schierati a favore della reintroduzione del reato di plagio, senza verificarne adeguatamente l’attendibilità.

Per ascoltare le “testimonianze” di queste persone favorevoli al DdL, i senatori della Commissione Giustizia li hanno convocati ufficialmente sollecitando la spedizione di eventuali documenti:

convocazione senato

Per diverse audizioni consecutive:

convocazione senato 2

Per la Maria Pia Gardini predisposero addirittura un servizio di videoconferenza, attivando appositamente una connessione Skype per poterla ascoltare dalla sua residenza grossetana e assegnando un poliziotto per assisterla.

convocazione Gardini

Lo stesso trattamento non è stato riservato a coloro che avevano qualcosa da dire in contrasto col DdL n. 569 e con la reintroduzione del reato di plagio. Tanto meno ai rappresentanti di quei gruppi descritti come sette da coloro che erano stati convocati per l’indagine conoscitiva. Cittadini italiani liberi non colpiti da sentenze definitive e, comunque, titolari degli stessi diritti costituzioni che i senatori dovrebbero tutelare e rispettare.

La Commissione  Giustizia non ha neanche finto di volerli convocare, non li ha minimamente considerati meritevoli di attenzione.

Alcuni di loro hanno presentato richiesta formale per essere sentiti. Ecco un esempio:

Lettera 1 Arkeon-Zanconi pagina 1

Lettera 1 Arkeon-Zanconi pagina 2

Le richieste sono rimaste inascoltate, ignorate, non degnate nemmeno di un’educata risposta formale.

Sappiamo che i componenti della Commissione, in particolare l’autore del DdL n. 569 Antonino Caruso e la relatrice dello stesso Laura Allegrini, nonché la senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati, condividevano i pregiudizi del Forum anti-sette, fonte quasi esclusiva delle informazioni che possedevano.

Costoro avevano fornito per anni e ininterrottamente informazioni che descrivevano i gruppi esoterici, spirituali o religiosi come sette distruttive, che praticano la manipolazione mentale, truffano, distruggono le famiglie e commettono continuamente reati.

I procedimenti giudiziari istigati dagli stessi anti-sette o influenzati dalle campagne mediatiche da loro ispirate, hanno generato e amplificato i sentimenti di ostilità nei confronti delle “sette”, non solo nella collettività, ma anche nei senatori della Commissione Giustizia.

Questo è certamente il motivo per cui i rappresentanti di questi gruppi sono stati esclusi a priori e considerati indegni di attenzione e perfino di una semplice risposta.

Anche quando le risultanze processuali, comunque non definitive, escludevano l’esistenza di attività settarie dannose, la Commissione persisteva nell’ignorare le loro richieste di essere sentiti.

Lettera 2 Arkeon-Zanconi pagina 1

Lettera 2 Arkeon-Zanconi pagina 2

Il rifiuto di ascoltare le informazioni e le opinioni di coloro che sarebbero stati maggiormente colpiti dal DdL n. 569 non è una cosa marginale. Non è come escludere qualcuno di sgradito da un convegno o da una festa.

Sono stati negati diritti basilari a dei cittadini italiani (sovrani), da parte di rappresentanti dello Stato (senatori) che avevano il dovere di legiferare in modo equanime.

Servitori dello Stato, pagati col denaro di tutti i contribuenti, hanno gestito il loro potere in modo clientelare per nuocere ad altri.

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27 gennaio 2013